

Totoleone tra The Voice of Hind Rajab, Bigelow e Chan-wook
In corsa Frankenstein, Jarmush, La Grazia, Duse e Rosi
(di Francesco Gallo) Per tutti i critici, italiani e stranieri, i giochi sarebbero già fatti e a vincere a Venezia '82 sarebbe 'The Voice of Hind Rajab', un Leone che ruggirebbe contro il governo Netanyahu e darebbe voce al dolore di Gaza. Una sorta di ipoteca quella della regista tunisina Kaouther Ben Hania, che ha avuto il coraggio di mettere in campo la voce reale e straziante di questa bambina di Gaza di cinque anni prigioniera per diciotto ore in un'auto piena di parenti morti. Per lei nessun happy end. In questa edizione di gran buon livello della Mostra del Cinema, in cui la realtà ha mostrato di essere più forte della fiction, c'è anche lo spettro della guerra atomica evocato in 'A House of Dynamite' da Kathryn Bigelow. Ovvero un razzo supersonico impazzito, e senza nazionalità, diretto verso gli Stati Uniti e solo diciotto minuti, per un presidente nero, per decidere se dare morte all'intero mondo. A pari merito con la Bigelow, almeno per la stampa italiana, ci sono poi: 'La Grazia' di Paolo Sorrentino, film d'amore e dubbio, 'Duse' di Pietro Marcello e 'Sotto le Nuvole' di Gianfranco Rosi che, va detto, sono ben piazzati anche all'estero. A pari merito con questo quartetto l'inossidabile favola nera di 'Frankenstein' di Guillermo Del Toro, film targato Netflix con un mostro pieno di fascino, cast stellare e soldi a profusione. Vola poi, per stampa internazionale e italiana, il film 'No Other Choice' di Park Chan-wook. Il protagonista, manager quarantenne di una cartiera che ha appena perso il posto dopo due anni di disoccupazione, decide in maniera sbrigativa, ma molto pragmatica di eliminare tutti i possibili concorrenti di un lavoro in cui è in pool position. Sul fronte lavoro, uno dei temi ricorrenti di questa edizione, ben quotato 'À pied d'œuvre' di Valerie Donzelli. Tratto dal bestseller autobiografico di Franck Courtès, ha per protagonista un fotografo che abbandona tutto per dedicarsi alla sola scrittura. All'inizio se la cava, ma poi scopre la peggiore delle precarietà possibili quando si affida a un sito di ricerca di lavoro in cui la concorrenza, su ogni prestazione richiesta, abbassa sempre più i prezzi e i clienti ti danno poi un voto su prestazione, capacità e simpatia. Per molti è stato colpo di fulmine di questa edizione: François Ozon con il suo 'L'etranger' (Lo Straniero), capolavoro di Albert Camus con la storia di un antieroe esistenzialista. Girato in bianco e nero, ha la forza di una fotografia, così bella da sembrare compiaciuta, e il sostegno molto forte del testo di Camus come, ad esempio, la frase di chiusura che il protagonista condannato a morte dice al sacerdote che vuole redimerlo: "Siamo tutti colpevoli e tutti condannati a morte".
R.Hofmann--BP